La paura è un’emozione che porta a fuggire, attaccare o immobilizzarsi.
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La paura dal punto di vista fisiologico è legata a una scarica ormonale, si alza la pressione, aumenta il battito cardiaco, incrementa la quantità di ossigeno disponibile per i muscoli, il volto impallidisce, il sangue si dirige verso gli arti così da renderci pronti a un’eventuale azione.
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In altri casi la paura porta a un freezing, ci si congela nell’attesa di valutare la scelta migliore da compiere.
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Io, per esempio, mi sono resa conto che in alcune situazioni potrei paragonarmi a un opossum e, come questo marsupiale, di fronte al pericolo mi fingo morta.
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Proviamo a risorgere andando più a fondo nella comprensione del tema.

Ci sono delle situazioni di effettiva minaccia in cui la paura svolge il suo compito egregiamente ai fini della sopravvivenza. Many thanks!
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In altri casi, invece, la paura esce dall’ambito delle emozioni, fisiologiche e transitorie, e assurge a essere un ‘sentimento’, come lo psicanalista Carl Gustav Jung l’ha definita, attribuendole una logica razionale e un funzionamento di tipo deduttivo.
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Insomma: più è grande la paura, più l’oggetto che la rappresenta ci sembra insormontabile.
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Proviamo ad analizzare la paura del cambiamento, che ne porta con sé una più profonda e radicale: quella della morte.
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Devo ammettere che quando ho iniziato a scrivere questo post non avevo messo in conto di scrivere così tante volte la parola morte! Tutta colpa dell’opossum…
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Ritorniamo alla questione vita/morte/cambiamento. Nella vita tutto è movimento: nel nostro corpo ogni giorno muoiono milioni di cellule e altrettante si rigenerano. Ne consegue che volente o nolente tutto cambia. Chiamatela come volete, impermanenza della vita o panta rei. Tutto scorre.
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Come si può, dunque, quando dentro sentiamo una chiamata all’azione, volare e oltrepassare la zona di comfort, evitando di sguazzarci dentro?
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Ci sono persone più propense a fare il cosiddetto salto, hanno dalla loro parte pianeti, attitudine e circostanze che le spingono più facilmente ad osare, ad andare oltre.
Altre invece restano attaccate a ciò che conoscono pur di non cambiare, anche se questo non è ciò che vogliono.
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Lo spunto nato dalla lezione di Jung ci suggerisce di agire e trasformare la paura attraverso piccoli passi.
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In principio fu l’azione.
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Come counselor a mediazione teatrale ho sperimentato che cambiare il punto di vista può offrirci soluzioni nuove o inaspettate rispetto a situazioni che ci sembrano bloccate.
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Immaginarci in nuove modalità, visualizzarci in ciò che desideriamo, può aiutarci ad andare nella direzione che più fa al caso nostro.
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Si può rovesciare la prospettiva affrontando i nostri timori in maniera induttiva, con azioni semplici che piano piano possono cambiare lo stato delle cose.
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Sono attribuite a Jung anche queste parole: “Dove c’è la tua paura, c’è il tuo compito”, a significare che il coraggio di fare può soppiantare la paura di non farcela.

In quella zona di ombra che facciamo fatica a contattare possiamo scoprire risorse interiori inaspettate.
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Il confronto è con se stessi e con la fiducia interiore che si prova: quanto si sente di poter prendere in mano la propria vita?
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Serena Adriana Poerio